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Cultura
Italia, Albania - 10 settembre 2014Torna all'indice →

Libri: i misteri crudeli dell'Albania comunista in un libro di Antonio Caiazza

Quando esponenti di punta del mondo politico o istituzionale cadono in disgrazia, per errori o reati commessi o anche per calo di popolarità o perché falciati dalla lotta politica, nelle democrazie occidentali solitamente il loro destino è scomparire, finire nel dimenticatoio, magari ricoprendo una carica redditizia ma priva di potere. Nei regimi totalitari, in quelli sovietico di Stalin o albanese di Hoxha non era così. L'esponente in calo era un colpevole, dunque un nemico e come tale veniva trattato. Il libro di Antonio Caiazza "La notte dei vinti" (Nutrimenti) squarcia il buio che ha sempre avvolto il regime del Paese delle Aquile. Nel sistema di terrore creato in alcuni Paesi del blocco comunista per difendere il marxismo-leninismo e il potere del popolo si cela spesso il personalismo di tutte le lotte di potere. Solgenitsin riporta l'episodio di un altissimo funzionario scomparso dopo che, a un incontro con il vertice Cccp, era stato il primo a smettere di applaudire. In quegli anni, per questo e anche per meno ci si meritavano i lavori forzati o la Kolyma. Lo stesso avveniva in Albania: le cicliche purghe servivano a rafforzare la strategia del terrore e la posizione del leader. Con l'aggravante di essere un piccolo paese, dunque con pochi protagonisti, sempre gli stessi, che vivevano da sempre nella stessa città proibita, il blok di Tirana, con le mogli che si frequentano; più somigliante a una famiglia allargata che non all'establishment di uno Stato. Manca l'anonimato di una folla di persone dispersa su un territorio sterminato come l'Unione Sovietica. Dove peraltro più di un dittatore si è alternato negli anni. L'Albania descritta da Caiazza, invece, ha un unico, divino leader, il compagno Enver Hoxha, tanto più terribile proprio per questo bonario familismo, più simile alla Corea del Nord che alla Jugoslavia di Tito. Comuni, invece, a tutti i Paesi di oltrecortina erano le conseguenze per chi cadeva in disgrazia: scomparse, segregazioni, fucilazioni per sé e i suoi più stretti collaboratori. Nel 1974 tocca a Beqir Balluku. Non è uno qualunque: è amico di Hoxha, eroico partigiano, esperto militare, ministro della Difesa dal 1953 e vicepremier dal 1954. Da un giorno all'altro nessuno gli rivolge più la parola, poi nessuno si siede più vicino a lui e, infine, un'auto comincia a seguire la sua Zil d'ordinanza: segnali inconfondibili di una perdita di credito agli occhi di Enver, che si concludono con un prevedibile processo dell'Ufficio politico dall'esito ancora più scontato. Balluku capisce per tempo, conosce i sistemi, in precedenza era toccato al suo amico Tuk Jakova, al ministro della Cultura, al direttore radio-tv. Vorrebbe fuggire ma un attaccamento alla sua terra, al comunismo, allo stesso Hoxha glielo impedisce. Mentre lo stress e l'isolamento lo consumano, adotta la strategia dell'assumersi le colpe che sa già gli contesteranno. Non ha fatto nulla, tutti lo sanno, ma non è importante, è inviso al potente Mehmet Shehu ed Hoxha ha bisogno di nuove vittime per confermare il suo potere. Diranno che le tesi di difesa militare da lui elaborate sono sbagliate. Difendersi è inutile, bisogna limitare i danni, evitare ripercussioni troppo gravi per la moglie e i figli. Nell'arena del processo, dove ognuno inasprisce le accuse e i toni solo per compiacere Enver, Balluku diventa armiku i popullit, un nemico del popolo, un traditore. Il 3 luglio 1974 perde ogni carica; pochi giorni e scompare: lui fisicamente, il suo nome da ogni atto e documento. Come se non fosse mai esistito. Così come la moglie, che verrà costretta a divorziare, e i figli. Di Balluku non si saprà più niente fino a molto dopo la caduta del regime, e per gli occidentali non diplomatici o esperti, fino alla pubblicazione di questo libro, un po' inchiesta un po' narrazione. Fu fucilato una notte su una dispersa collina insieme con i suoi due vice, che lo avevano accusato. I loro corpi furono sepolti in un campo in gran segreto. Per far scomparire i cadaveri senza testimoni si giunse a organizzare una festa storica per il villaggio. Il volume ha il merito più grande nel condurre il lettore nella quotidianità dell'Albania dell'epoca, di far comprendere spirito e stati d'animo. Uno dei Paesi più sconosciuti e chiusi di quegli anni, impegnato in una continua apparente rivoluzione che si alimentò dei propri figli. A cadere, dopo il ministro, saranno altri suoi accusatori, lo stesso Mehmet, braccio destro di Hoxha. Perché non sono le rivoluzioni a divorare ma i dittatori a sbranare per garantirsi la sopravvivenza.