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Cultura
Turchia - 22 ottobre 2014Torna all'indice →

A Roma il documentario di cinque filmmaker milanesi sulle proteste di Piazza Taksim

La protesta contro il governo Erdoğan vista dall’Italia. È il bel documentario “Çapulcu – Voci da Gezi” realizzato dal gruppo di milanesi composto da Benedetta Argentieri, Claudio Casazza, Carlo Prevosti, Duccio Servi e Stefano Zoja. Un film - leggiamo su BalcaniCaucaso - che, dopo la prima allo “Sguardi Altrove Film festival” dello scorso marzo a Milano, continua a circolare in Italia e all'estero e in questi giorni è a Roma, in programma fino a mercoledì tutte le sere alle 21.30 al Cinema Nuovo Aquila. Un film che è il risultato di un viaggio a Istanbul, durante l'occupazione pacifica di Gezi Park a fine maggio 2013, per raccontare cosa stesse succedendo a Piazza Taksim. I cinque hanno intervistato decine di persone che avevano preso parte alla protesta: designer, sociologi, informatici, filmmaker, giornalisti, avvocati, attivisti per i diritti delle donne, insegnanti, architetti, rappresentanti di Amnesty. Tutti “Çapulcu” ovvero “saccheggiatori” secondo la definizione data da Recep Tayyip Erdoğan, che li voleva caratterizzare in maniera negativa. Quasi subito i manifestanti si sono però appropriati del termine, auto-identificandosi in esso, e l’hanno trasformato a indicare "attivista per i diritti della persona". Le proteste sono iniziate il 28 maggio 2013 in maniera spontanea contro i lavori di costruzione di un centro commerciale al posto del parco Gezi, nel pieno centro cittadino. Partita come protesta ambientalista, si è presto estesa ai diritti civili e democratici e più in generale contro il governo Erdoğan. L’occupazione e la resistenza di Gezi Park sono durate per tre settimane nonostante la repressione governativa, mentre le proteste si sono estese a tutto il Paese. Si sono svolte centinaia di manifestazioni, con circa tre milioni di partecipanti, qualche migliaio di arrestati, oltre ottomila feriti e nove morti. I cinque film maker milanesi hanno filmato parte delle proteste e hanno raccolto le voci dei manifestanti, soprattutto a posteriori. Una sorta di bilancio a caldo, ma anche un manifesto di intenzioni per un’opposizione a Erdoğan ancora attiva.