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Slovacchia - 15 giugno 2016Torna all'indice →

La Slovacchia verso la presidenza Ue con l'ombra della marea antieuropeista

Il semestre slovacco di presidenza del Consiglio della Ue, che inizierà il primo luglio, rischia di dare ulteriore vigore alla marea anti-Ue e alle critiche contro Bruxelles, una vera minaccia di tempesta per l'Europa. Il premier Robert Fico, socialdemocratico di Smer - distintosi a più riprese, negli ultimi mesi, per l'aspra retorica contro i migranti e contro la prospettiva di accettare le quote di ricollocamento proposte dalla Commissione Ue - è tornato nuovamente ad agitare le acque nei giorni scorsi a Praga, nel corso di una conferenza internazionale dedicata alla crisi della Unione, definendo la Ue un’entità “che usa una lingua indecifrabile, che tratta temi incomprensibili per i cittadini e incapace di dare una risposta ai problemi da fronteggiare”. Si vedrà presto se è questo l'approccio più opportuno per realizzare quello che Fico ha definito essere una delle priorità del semestre slovacco di presidenza Ue, vale a dire “quella di restituire ai cittadini la fiducia nella Ue e utilizzare un linguaggio più semplice da comprendere”. Il rischio, per i centri di potere europei, è che questo atteggiamento slovacco contribuisca invece ad alimentare le voci critiche anti-Ue, con l'incubo che Bratislava nei prossimi mesi diventi una sorta di contraltare a est di Bruxelles, riunendo attorno a sé tutto il malcontento maturato contro l'Unione europea nella Nuova Europa - da Praga, a Budapest e Varsavia - e non solo. Tutto questo nonostante poco più di una settimana fa il ministro degli Esteri slovacco, Miroslav Lajcak, si sia presentato a Bruxelles sostenendo una immagine di governo tranquillo, alla guida di un paese “nel cuore dell'Europa, membro dell'eurozona e di Schengen”, pronto a gestire senza scosse il timone del semestre europeo. Bratislava ha già prospettato una serie di priorità, fra cui quelle di lavorare per il rafforzamento dell’economia europea, per la sicurezza energetica, per politiche migratorie e di accoglienza sostenibili. La presentazione ufficiale di tali priorità avverrà però solo il 30 giugno, immediata vigila del semestre. La ragione di tale attesa è legata al referendum sulla Brexit del 23 giugno e quindi alla necessità - come lo stesso Lajcak ha precisato - di riflettere con calma sulla definizione delle priorità, sulla base anche del risultato referendario britannico. Rimane il fatto - ulteriore incognita che pone il prossimo semestre di presidenza Ue - che spetterà proprio alla Slovacchia, al suo esordio alla guida del Consiglio della Ue, il difficile compito di gestire la fase successiva al referendum britannico, a maggior ragione nel caso di vittoria della Brexit, e quindi alla necessità di coordinare un conseguente negoziato di uscita. È stato d'altronde lo stesso Fico a dire, a Praga, che oggi è più probabile “una ulteriore dissoluzione della Ue, piuttosto che maggiore integrazione e collaborazione fra i paesi membri. Non facciamo l'errore di pensare che davanti a noi ci sono due varianti equivalenti: la frammentazione della Ue oppure la sua maggiore integrazione. La prima variante, al momento, ha molte più condizioni di avverarsi della seconda”. Parole che, a due settimane dal referendum sul Brexit, rischiano di avere il valore di un presagio sinistro sul futuro della Unione europea.