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Cultura
Italia, Russia - 28 marzo 2012Torna all'indice →
“The coast of utopia”: Marco Tullio Giordana porta in scena “la meglio gioventù” dell’Ottocento russo
È una sorta di “meglio gioventù” della Russia di metà Ottocento, che sogna un mondo diverso e progetta la rivoluzione, quella raccontata da Marco Tullio Giordana mettendo in scena la trilogia di Tom Stoppard “The coast of utopia”: oltre sette ore di spettacolo in tre serate che hanno debuttato, molto applaudite, al Carignano di Torino (repliche sino al primo aprile) e saranno all’Argentina a Roma dal 10 al 29 aprile. Una megaproduzione che vede riuniti, con la Zachar di Michela Cescon, gli Stabili delle due città e coinvolge 31 attori e 37 persone tra artisti e tecnici per un’ottantina di cambi di scena. Una “meglio gioventù” i cui protagonisti sono ricchi figli dell’aristocrazia russa come Michail Bakunin, anarchico, velleitario, sostenitore di “prima l’azione e poi il pensiero” che, buttandosi nella mischia, pagherà di persona più degli altri. Il teorico rivoluzionario pacifista Alexander Herzen, deluso dalla democrazia francese dopo le carneficine seguite alla Comune. Il critico letterario Vissarion Belinskij, che pensa si debba agire in patria e non farsi affascinare dalle finte libertà dell’Europa occidentale. Scrittori come Ivan Turgenev, Nikolaj Ogarëv, che si incontrano in Francia e Inghilterra anche con Karl Marx e Giuseppe Mazzini, più tante altre figure, più o meno rilevanti. Il testo di Stoppard, quasi quattrocento pagine appena pubblicate da Sellerio, parafrasa l’andamento dei lavori di Čekhov con occhio moderno. Ognuna delle tre parti, “Viaggio”, “Naufragio” e “Salvataggio”, inizia cavalcando l’entusiasmo dei sogni utopici e finisce sotto i colpi duri della realtà. Ed Herzen conclude “The coast of utopia” affermando: “L’idea non morirà. Quello che ci è caduto dalle mani sarà raccolto da coloro che verranno dopo di noi”. Insomma, un affresco sulle illusioni di una generazione, ma anche l’impegno che non andranno perdute, essendo nel bene e nel male all’origine del progresso sociale del ventesimo secolo.